lunedì 4 agosto 2014

Stand Alone Zone


Prima Nazionale.
Compagnia: Système Castafiore


Tecnologia e teatro. Cinema in 4D e palcoscenico. Quando le più avanzate tecniche di animazione incontrano lo spazio teatrale, si genera uno spettacolo come “Stand Alone Zone”. Siamo in un futuro post-apocalittico, presumibilmente 800 anni dopo gli anni 2000, e una coppia è costretta alla ricerca di un antidoto per curare il loro giovane figlio. Il viaggio si snoda tra incontri inquietanti, personaggi fantastici e luoghi surreali. Tutte le location sono proiettate e ricostruite interamente a computer, mentre gli attori danzano e interagiscono in scena. La storia è solo un pretesto per questo spettacolo tutto da guardare. Costumi, maschere e oggetti di scena, i quali ricreano altri ambienti, sono da gustare nei minimi dettagli. La scenografia è un elemento fondamentale in questa messa in scena e anche i cambi di oggetti e praticabili, avvenuti tra uno stacco di buio e l’altro, non sono da meno. Grande lavoro anche, e soprattutto, dei tecnici.
A inizio spettacolo vengono evocati gli ambienti nei quali si svolgerà l’azione e grattacieli grigi semidistrutti e alberi volanti la fanno da padrona e, man mano che la vicenda si snoda, iniziano a comparire anche le prime figure che popolano questo ambiente:  tutto quello che l’inconscio umano può immaginare. La musica rende l’atmosfera greve e pesante.


Spettacolo conclusivo dell’edizione 2014 di Teatro a Corte. Prossimo appuntamento a luglio 2015, non mancate!

                                                                                                                                     CV

Katastrophe


Prima Nazionale.
Compagnia: Agrupaciòn Senor Serrano

Buttate nello stesso calderone degli orsetti gommosi, una soluzione chimica, una videocamera che riprende e poi trasmette in diretta e dei pop corn. Risultato? Una storia surreale, con gli orsetti di gelatina come protagonisti, i quali raccontano una mini cronistoria dell’ umanità, dal disgelo all’entrata in campo di leader politici (alcuni dei quali molto attuali) i quali accusano gli “altri” di essere la causa di tutti i loro problemi. Un vero e proprio racconto a tappe, con tanto di cartello a inizio scena che descrive la situazione. I quattro attori presenti sul palco si muovono, e manovrano gli oggetti, all’ unisono.
“Katastrophe” della compagnia multidisciplinare Agrupaciòn Senor Serrano è una favola per nulla banale, ma surreale, sulle sorti dell’umanità, con un taglio prettamente cinematografico. Gli orsetti di gomma sono sottoposti a numerosi esperimenti e diventano protagonisti indiscussi della scena, grazie all’uso della videocamera, la quale riprende da vicino per poi trasmettere su un maxischermo, a volte anche la stessa scena in loop, posto sul palco. Gli ambienti nei quali si muovono vengono ricreati con pochi oggetti, ma efficaci.  

Ritmo dinamico, anche grazie all’uso di una colonna sonora coinvolgente ed ad alto volume. Non ci resta che prendere visione della somiglianza tra umani ed orsetti e come affermano le parole, abilmente distorte, di uno dei leader politici: “Siamo un po’ tutti degli orsetti impauriti”.

                                                                                                                                                CV

giovedì 31 luglio 2014

The Rain (Pontus Lidberg); Red Buses/Birgir (Helena Jonsdottir); Muualla (Ilona Jantti/Ilmatila)



                                          -Red Buses-                                                                              
                                          -Muualla-
                                          The Rain-

La pioggia. Proprio come quella che siamo abituati a vedere e sentire in questa estate torinese, ma portata a teatro, per la precisione al castello di Rivoli, dalla lontana Svezia. Il coreografo Pontus Lidberg ha creato “The Rain”, video di danza che si sviluppa interamente sotto lo scoscio ininterrotto della pioggia, tra amori e solitudini di vari personaggi. Piove ovunque, tra i tavolini di un bar, in una stanza e per strada. L’acqua che scende dal cielo accompagna l’ evolversi dei sentimenti ed è la cornice ideale per fossilizzare per sempre quelle sensazioni e donare un significato più romantico alla pioggia.
Video proiettato su una parete di una sala del Castello, all’interno della Vetrina Nordica dell’ edizione 2014 di Teatro a Corte.

Prima della messa in onda di “The Rain” sono andati in scena altri due video, molto più brevi, 15 minuti totali (mentre il precedente era di mezz’ora circa), della coreografa e danzatrice islandese Helena Jonsdottir. “Red buses e "Birgir” sono due dance short movies, i quali hanno come protagonisti anche il suo paese d’origine. Il primo video è quasi un esperimento, con una ragazza vestita di rosso che corre per le vie della sua città e tramite un abile uso del montaggio, crea vari effetti visivi. Mentre il secondo ha come protagonista un uomo, nello specifico un elettricista appassionato di danza,il quale esprime tutto il suo bisogno di muoversi, su una spiaggia. “Red buses” ha ottenuto la medaglia d’argento al Reykjiavik Short Film Festival del 2001.

Guardare “Muualla” di Ilona Jantti è come guardare un cartone animato o un videogioco. Grazie all’uso dell’animazione e di un proiettore che proietta su un muro degli ambienti e personaggi, si creano delle scenette senza troppe pretese, ma con un buon impatto visivo. L’artista aerea e coreografa finlandese, appesa alla corda, interagisce con un personaggio strano a forma di millepiedi rosso. Semplice, ma nulla toglie al fatto che  i 15 minuti di esecuzione hanno catturato l’attenzione del pubblico presente nella stanza.

                                                                                                                                        CV

SILENCE ENCOMBRANT_ Kumulus



idea e regia Barthélemy Bompard
lavoro sonoro Jean-Pierre Charron
costumi Marie-Cécile Winling & Catherine Sardi
ideazione e creazione oggetti di scena Dominique Moysan
trucco Marie-Cécile Winling & Catherine Sardi.
Visto il 27/7/14 al Castello di Rivoli_ Teatro a Corte.

Sembra il giorno dopo un disastro nucleare, le porte di un container vengono spalancate e un ammasso di detriti cade a valanga sulla strada. I sopravvissuti emergono dalle macerie ricoperti di polveri, segnati sui volti da uno spettacolo catastrofico che li ha mutati per sempre, nell’aspetto e nella psiche; più zombie che uomini.
Sperduti e disorientati si aggirano tra il pubblico come dei lebbrosi, trascinando tubi, barili e oggetti metallici.  La loro volontà di sopravvivere li spinge a ricercare a forza uno spazio, un ordine e una parvenza di senso – memoria del passato – nei resti materiali della vita che era, senza però riuscire a ricordare il loro uso – così come ricordano solo a tratti il ruolo che ricoprivano nella società. Le tecnologie, le invenzioni dell’uomo e l’uomo stesso perdono l’identità in mancanza di sovrastrutture e di una cultura che dia loro ragione d’essere.
Questo è quello che accadrebbe se il nostro mondo civile si sfasciasse, nella peggiore delle ipotesi. Eppure le città sono piene di uomini già segnati, genericamente chiamati “pazzi”. Persone spezzate e sole, che non hanno saputo o potuto adattarsi e perciò sono finite ai margini, “gettate” nella discarica del mondo, esattamente come le cose vecchie, rotte, ormai obsolete.
Uomini spazzatura, che forse in un passato erano belli e utilizzabili. Prendiamo per scontato che il loro modo d’essere è fuori luogo, quando forse è il contesto in cui viviamo a risultare desertico, e ciò che alla maggioranza di noi pare normale a loro sembra invece grottesco e stupido. La logica che i “pazzi” impiegano nel maneggiare, spostare, reinventare le cose è diversa dalla nostra, è intuitiva e creativa, e fa apparire come bizzarri quelli che sono i nostri scarti: come abbiamo potuto dare tutti questi significati simbolici a quella robaccia?
Uno spettacolo lungo, forse troppo, ricco di stimoli visivi e di dettagli, grigio e polveroso, niente parole per lasciare posto al silenzio ingombrante, perché i rumori dei cadaveri di merci e di uomini hanno un “peso”.   

FC

martedì 29 luglio 2014

Pinta/Surface


Prima Nazionale.
Concept: Salla Hakanpaa Et working group.
Regia: Ville Walo.
Performer:  Salla Hakanpaa.
Sound design: Tuuli Kyttala.
Costumi e scenografia: Anne Jamsa.
Light design: Ainu Palmu.
Produzione: WHS Et Zero Gravity Company.
Co-produzione: Cirko-Center for New Circus.


Un dialogo a tre tra artista, corda e superficie.  Salla Hakanpaa, diretta in scena da Ville Walo, si muove e interagisce con la corda che pende dall’alto. E a sua volta, entrambe dialogano con la superficie, ora asciutta e dopo bagnata. Tutto normale fino qui, ma il pezzo forte dello spettacolo arriva quando entra in scena l’acqua e l’artista si trova a dover muoversi in questo liquido, capace di infondere fascino anche in un contesto teatrale. Inizialmente  due getti fuoriescono dal lato del palco e la scena si riempie di un sottile strato. 
Di per sé, lo spettacolo è molto semplice, ma l'immissione dell’acqua prima e un telo con una proiezione sopra, dopo (molto stile alla Bob Wilson), hanno contribuito alla riuscita della performance. Se i primi minuti sono trascorsi senza troppe emozioni, il finale ha sicuramente fatto centro, con l’artista appesa alla corda, inondata da un getto d’acqua che cade dall'alto e le luci intermittenti, le quali illuminavano le gocce. Una scena finale di sicuro impatto visivo.

                                                                                                                                          CV

lunedì 21 luglio 2014

Cooperatzia/Maison


Creazione in situ.
Collectif G. Bistaki
Scrittura, direzione e interpretazione collettiva: Francois Juliot, Jive Faury, Sylvain Cousin, Nicanor de Elia, Florent Bergal;
Stage manager: Nina Pire;
Video maker: Guillaume Bautista;
Luci: Hugo Oudin.

Il Collectif G. Bistaki si definisce “circo coreografico di ricerca”. Definizione particolare come il loro spettacolo, andato in scena lo scorso sabato nella scenografica Reggia della Venaria Reale. Sul palco ci sono cinque artisti multidisciplinari, attori, giocolieri e danzatori, i quali interagiscono tra di loro e con delle tegole rosse. Una storia di base non è presente, ma è concepito come una serie di sketch in cui gli attori si esprimono tramite  le loro doti di attori e giocolieri. Tutta la serata si alterna a  ritmi frenetici, in un crescendo di no sense che piace agli spettatori (sulla navetta di ritorno dalla reggia si sentono commenti entusiasti).
Le tegole sono più presenti che attive all’ interno del contesto: alcuni numeri  di giocoleria sono eseguiti con questo materiale che li ha resi famosi, ma non troppi. La scenografia è un’ installazione artistica. Questo spettacolo di circo è ideato in modo coreografico: si punto di più sull’ effetto visuale che quello attivo, inteso con dei numeri di giocoleria che lasciano a bocca aperta. La seconda definizione è di ricerca, infatti, a fine performance, gli attori informano il pubblico che lo spettacolo al quale hanno appena preso visione è un’ unione di vari pezzi che, abitualmente, vanno in scena separatamente e in luoghi differenti. Lo spettacolo “Maison” fa parte del più ampio progetto di nome “Cooperatzia”.
L’ augurio che ci pone la compagnia è di andarli a rivedere la prossima volta che udiremo il loro nome, anche per vedere come prosegue la ricerca.


                                                                                                                                   CV

This is the Title

Prima Nazionale.
Danza e coreografia: Ima Iduozee;
Light design: Jani-Matti Salo;
Sound design: Kasperi Laine;
Consulenza artistica: Kaisa Torkkel;
Produzione: URB Festival, Kiasma Theatre, Arts Comission of South-Finland.

Essenziale. Niente di più e nulla di meno. La capacità di Ima Idouzee consiste proprio in questo: nel trasmettere sensazioni attraverso l’uso sapiente, e per niente retorico, della danza. Il coreografo finlandese, noto per le sue doti nella breakdance, ha partecipato a numerosi contest all’interno di numerosi street dance festival, e ha saputo catturare anche l’attenzione del pubblico presente in sala. Gesti netti ed asciutti, accompagnati da giochi di luce e musica hanno creato la giusta atmosfera per assaporare questo solo di danza. Anche la scena è essenziale: una semplice superficie bianca. I venticinque minuti di esecuzione trascorrono in fretta. Performance piacevole da vedere, non annoia con eccessivi passi di danza a scopo autoreferenziale. Bravura ed essenzialità possono diventare delle armi vincenti.

                                                                                                                               CV